Come conciliare il piacere di cantare ed ascoltare i canti popolari siciliani, che dalla tradizione orale sono giunti fino ad oggi grazie al lavoro di documentazione etnomusicologica, con il desiderio di cercare tra le pagine, i testi poetici ed i pentagrammi o le audio-registrazioni etnografiche, una verità, un segreto, pure se piccolo, sul tema dell’amore tra uomo e donna ?
E’ possibile che da un altro secolo, dalla tradizione della cultura siciliana legata a esigenze di vita e condizioni economico sociali diversissime dalle attuali, da una densissima stratificazione di culture mediterranee incontratesi nell’isola, possa arrivare fino ad oggi una voce che ci parla della relazione amorosa nei suoi vari aspetti, del corteggiamento e del matrimonio, o del tradimento, o della lontananza, svelandoci un segreto, sussurrandoci una confidenza, significativa come le parole dei nostri nonni o bisnonni, che spesso hanno più facilmente accesso alla nostra capacità di ascoltare, di rubare dei segreti, perché non sono i nostri immediati predecessori, i nostri genitori.
E quanto c’è bisogno oggi di chiederci cosa sia l’amore?
Io ne ho bisogno.
L’ho domandato ai canti popolari siciliani.
La rielaborazione dei canti è fedele agli originali, per quanto riguarda l’aspetto testuale e melodico, con in più la presenza non invasiva di uno strumento di accompagnamento, la chitarra, e un carattere nuovo, che il canto acquista, o in alcuni casi fortunati forse “riconquista”, grazie all’atto del cantare, con la domanda interiore continua, assillante: chi ha cantato questo canto, “chi è” questo canto, come parla attraverso di me, con quale voce…
Il concerto si presenta come un recital nel quale Matilde Politi, accompagnandosi con la chitarra, canta e traccia collegamenti, delinea un percorso al limite tra la ricerca etnomusicologica e la riflessione sul tema dell’amore.